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GLI DEI DELL’OLIMPO NELLE CAMPAGNE DEL SALENTO. IL CULTO DI PRIAPO

di Marco Piccinni

(tratto da www.salogentis.it)

Gli appassionati della mitologia greca non devono necessariamente sostenere un lungo viaggio, prima di raggiungere le rovine degli antichi templi di Atene per contemplare in parte i fasti del passato, quando gli dei dell’Olimpo camminavano sulla Terra. Questi si mescolavano tra la gente, vittime come gli uomini comuni di passioni, rabbia, gelosia o semplicemente mossi da un profondo piacere nel manovrare il destino del genere umano allo stesso modo con cui si da vita ad uno spettacolo di marionette. Parte dei legami terreni che univano l’uomo alle divinità non sono da attribuirsi esclusivamente al territorio ellenico, ma possono essere ricercati anche oltre, come ad esempio nel Salento, in particolar modo nel leccese. Per cui, invece di recarsi in Grecia, ci si può semplicemente spostare nella penisola salentina e godere, anche se in misura minore, il fascino di questa cultura intrisa di mistero e magia.

Riproduzione grafica di Priapo (da Wikipedia)

Riproduzione grafica di Priapo (da Wikipedia)

Non è più un segreto che popolazioni provenienti dai Balcani abbiano calpestato il suolo salentino in antichità, messapi e greci hanno annaffiato questa terra con la propria cultura, le proprie tradizioni e le proprie credenze facendo pervenire fino ai giorni nostri usi e costumi di cui ignoriamo spesso il significato. Tra quelli più conosciuti, di Minerva e Dionisio, si annovera anche un dio meno noto: Priapo.

Priapo era un dio venerato da greci e romani e molte erano le virtù che gli furono attribuite. Era il guardiano di vigneti, frutteti, giardini e campi coltivati, protettori di greggi, api, pesci, dominava l’istinto sessuale dell’uomo e regolava la fecondità della natura, dissuasore di malefici e malocchi contro le coltivazioni. Sembra che fosse un dio piuttosto utile in fondo, e doveva tutte queste sue doti, come da tradizione per le divinità greche, a particolari connotazioni fisiche: la dea della bellezza era estremamente bella, il dio della guerra aveva una forza straordinaria e Priapo… era dotato di un enorme membro.

L’aggettivo enorme è da intendersi proprio in senso letterale, tanto da far assumere al dio una connotazione grottesca, deforme, indubbiamente surreale che ha contribuito ad incrementare la fama e allo stesso tempo la paura nei confronti di questa divinità.

Non mancarono di scrivere di lui e delle sue mansioni le personalità più eminenti della cultura classica, come Leonida da Taranto e Virgilio.

Il primo scrisse:

Qui, io, Priapo, sto custode, al bivio, con ritta clava e dura fra le cosce; via lontano, briccone, se non vuoi assaggiare il mio nerbo!”.

mentre Virgilio:

Il villano mia ha messo a custodire il giardino ed i suoi frutti […], chiunque, con pessime intenzioni varchi il confine del mio campiello, si accorgerà che io non sono castrato”.

La sua “dote”, oltre che utilizzata per proteggere coltivazioni e quant’altro, è venerata in molte rappresentazioni, statue e feste del mondo greco come le falloforie. Veniva inoltre scolpita in forma di piccoli pilastri da ergere verticalmente nelle campagne, negli orti, nei frutteti. Questa forma di culto è presente anche nel Salento, oltre che in Basilicata, Sardegna e sull’isola di Malta, e si manifesta come dei colonnati litici, posti di solito all’ingresso dei poderi e sormontati da decorazioni che rappresentano il glande di Priapo. Queste decorazioni sono molto variabili: un semplice cono, piccole sfere, due blocchi rettangolari sovrapposti e di diverse dimensioni,  per poi giungere a forme ben più esplicite. Quelli dalle forme più caratteristiche sono indubbiamente i più antichi, che non di rado capita di incrociare, spesso arricchiti in tempi postumi con dei piccoli cancelli, proprio per delimitare in maniera più marcata il podere. Altri, più recenti, riprendono semplicemente le forme del passato e molto probabilmente chi li ha fatti costruire è del tutto ignaro di quale possa essere il vero significato della loro esistenza: la protezione dei campi da ogni forma di carestia, sortilegio e calamità.

Alcune strutture litiche di questo genere venivano eretta anche sui tetti delle case, per garantire protezioni ai relativi abitanti. Queste sono state poi con il tempo sostituite dalla staffa di cavallo, la quale ricordando la vulva femminile, assume una connotazione del tutto identica a quella rappresentata dal fallo di Priapo.

Il suo culto si diffuse grazie ad Alessandro Magno, per essere poi ripreso dai romani, soprattutto in rituali e orgie dionisiache. Il suo membro veniva spesso modellato in monili e bracciali e indossato dalla fanciulle per aumentare la propria fecondità. Le donne che desideravano avere dei figli si rivolgevano con preghiere a Priapo, affinché potesse soddisfare le proprie richieste. Era inoltre spesso raffigurato in mosaici e affreschi all’ingresso delle abitazioni patrizie, come rimedio per scacciare l’invidia.

Le origini mitologiche del dio Priapo sono ancora molto incerte. Alcuni lo ritengono figlio di Dionisio e Afrodite, altri invece ritengono che fosse il figlio di Afrodite e di Zeus, avuto da una delle tante scappatelle del capo degli dei. La dea Era, moglie di Zeus, venuta a sapere dell’ennesimo tradimento del coniuge e soprattutto preoccupata che il figlio della coppia di amanti potesse ereditare la potenza del marito e la bellezza di Afrodite (rappresentando così un serio pericolo per tutto l’Olimpo), inflisse alla sua rivale in amore una maledizione: le toccò il ventre e desiderò che il figlio nascesse deforme. La deformità che ha colpito Priapo nella zona inguinale fu di tale sconforto per la madre che decise di abbandonare il bambino sulle montagne dove venne poi trovato e allevato da un gruppo di pastori.

Altri studiosi, invece, ritengono che Priapo avesse una natura umana, un semplice cittadino solo particolarmente “dotato”, proveniente dalla città di Lampsaco, una polis greca dell’Asia Minore, e poi accettato tra gli dei che lo incaricarono di proteggere e preservare i campi coltivati.

Non potevano, inoltre, mancare diverse leggende associate a questa sua particolarità, come ad esempio quello che lo vede colpevole di un tentato stupro ai danni di Lotide (o della dea Vesta nelle versione romana). Priapo voleva approfittare di un momento di riposo della malcapitata,  la quale però fu salvata dal ragliare di un asino, simbolo di lussuria, con il quale Priapo è spesso rappresentato. Questo gesto fu considerato talmente deplorevole che fu allontanato da tutte le divinità e isolato nelle campagne.

Colonne ispirate al culto di Priapo nella campagna tricasina

Colonne ispirate al culto di Priapo nella campagna tricasina

Sembra così strano pensare come delle semplici colonne abbiano veramente tanto da raccontare. Sicuramente, d’ora in avanti, guarderemo con maggiore attenzione e curiosità l’incredibile mondo rurale che paradossalmente non smette mai, nella sua semplicità, di sorprendere e meravigliare.

Infine, nel cuore della zona industriale di Tricase, laddove un tempo non tanto remoto vi era una vasta distesa di ulivi e pietre, un monolite, alto poco meno di un metro e mezzo, stuzzica la fantasia di chi lo guarda. È stato eretto, infatti, in un modo che, guardando dalla giusta angolazione, appaia come un simbolo fallico di fronte all’ingresso a ogiva di una pajara, chiaramente simbolo della femminilità. Si tratta di un antico e quasi dimenticato rito contadino praticato per propiziare la fertilità della terra, che si rifà sull’arcaico culto dedicato a Priapo.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:

–   L’enciclopedia Universale, Garzantina di Mitologia.

–   Wikipedia (voce Priapo).

–   Francesco Accogli (a cura di), La Cappella del Gonfalone ed il Casale di Sant’ Eufemia in Tricase – Edizioni dell’Iride (2004).

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