Il complesso delle Grotte Cipolliane (Novaglie – Gagliano del Capo)
di Marco Cavalera, Marco Piccinni
La terra, il mare, le rocce
La terra e il mare, due elementi dalle caratteristiche organolettiche agli antipodi, fisicamente distanti ma al contempo sempre così vicini: si rincorrono, bisticciano, si baciano.
Le acque dalle quali le terre sono emerse sembrano quasi che vogliano schiaffeggiare quelle rocce che ne sovrastano la superficie, per poi cullarle dolcemente pochi istanti più tardi, quando la rabbia è ormai scemata.
Lungo le falesie del Salento quelle rocce guardano costantemente il mare e si protendono ad esso con una velata nostalgia, rimpiangendo quasi i tempi che furono. È una linea di confine, pattuita dopo estenuanti battaglie, sulla quale decisero di marciare alcuni dei primi insediamenti umani, probabilmente estasiati da quel tripudio di colori e profumi che gli dèi hanno voluto porgere in dono.
Anche noi, oggi, camminiamo su quelle falesie; non ci sono più i Neanderthal, non c’è più il mare che ci guarda a testa in su, solo un mistura di profumo di timo, origano ed erba cipollina a conferire il tocco dell’artista alle Grotte Cipolliane.
Fondo della Grotta Cipolliane (novembre 2011). Foto di M. Piccinni.
Le grotte Cipolliane
Si tratta di tre ripari che si aprono sul costone di roccia esposta ad est, sull’alta scogliera a metà strada tra le località marine di Novaglie e Ciolo, nel territorio comunale di Gagliano del Capo. Il mare, che ora si trova a 30 metri più in basso, un tempo invadeva con prepotenza questi ambienti. Lo testimonia la ricchissima documentazione di conchiglie, pecten e rudiste che ricopre completamente la superficie interna dei tre antri, scavati naturalmente nella roccia friabile e porosa del Terziario (65 – 1,8 milioni anni fa).
Grotta Cipolliane (gennaio 2014). Foto di G. Tonti.
Il riempimento della cavità si caratterizza per la presenza di sabbie e detriti calcarei minuti, associati a industria litica (lamelle a dorso, piccoli grattatoi circolari) di tipo romanelliano (9-12 mila anni fa) e ad abbondantissimi resti faunistici (equidi, bovidi, cervidi, asini selvatici, piccoli mammiferi e uccelli). Ovunque si appoggi il piede non si può fare a meno di calpestare minute selci scheggiate, frammenti fossili di ogni genere, gusci intatti di molluschi bivalvi. Tutti questi elementi hanno permesso di avanzare l’ipotesi di un’economia prevalentemente basata proprio sulla raccolta di questi ultimi, attività che caratterizzerà il Mesolitico europeo qualche millennio dopo.
La fauna (tipica di un clima freddo) e l’industria litica rinvenuta fanno pensare ad un riempimento della superficie delle cavità avvenuta alla fine della glaciazione di Würm. Parliamo di circa 10 mila anni fa, quando il mare in regressione avrebbe messo in luce una fascia costiera, attualmente sottomarina, sulla quale si sarebbero formate delle dune di sabbia antistanti la grotta. I granelli di sabbia, trasportati dal vento, si sono pian piano adagiati fino in profondità della breve caverna, mescolandosi a sedimenti calcarei provenienti dallo disfacimento delle pareti e della volta della cavità.
Camminiamo ancora su quella linea immaginaria di questa magnifica falesia, come se fosse un arcaico filo di Arianna che permette a Teseo di uscire dal labirinto di Cnosso. Siamo a 30.000 anni fa, alla fine del Musteriano, colmando una secolare “lacuna” di dati archeologici che si sono estesi fino al Paleolitico Superiore.
Nel riparo più ampio, a seguito di scavi effettuati negli anni ‘60 del secolo scorso, è stato infatti individuato un giacimento archeologico che copre un arco temporale che va da 29-20 mila anni fa (Gravettiano) a 10 mila anni fa (Romanelliano), periodo, quest’ultimo, al quale dovrebbe riferirsi anche un ciottolo inciso con figure, d’incerta interpretazione, rinvenuto durante la pulizia del deposito superficiale da parte dell’archeologo De Borsatti e che presenta alcune affinità con quelli trovati all’interno di grotta Romanelli (Castro).
Grotta Romanelli (Castro).
Teniamo in mano questo filo, quasi come delle moderne Parche che vogliono giocare con il destino degli uomini. Decidiamo di non reciderlo affinché possa continuare a connettere il nostro presente con il futuro che verrà. Gli dèi ci hanno osservato per tutto il tempo da dietro un cespuglio, ci invidiano, vorrebbero questo luogo per sé. Ma il loro tempo è finito, lasciamo lo spazio agli uomini ormai, tutto questo è nostro! Facciamone buon uso.
Contributo pubblicato sulla rivista “Contocanto”, anno VIII n. 4, dicembre 2012, pp. 11-12.
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Bibliografia:
Borzatti Von LÖwenstern E., Un ciottolo inciso del riparo “Le Cipolliane” (Novaglie, Lecce), in Rivista di Scienze Preistoriche, XVII, 1-4, pp. 269-272, 1962.
Borzatti Von LÖwenstern E., Guerri M., Novaglie (Prov. di Lecce), in Rivista di Scienze Preistoriche, XIX, pp. 311-312, 1964.
Palma di Cesnola A., Notiziario, in Rivista di Scienze Preistoriche, XVI, p. 258, 1961.
Sammarco M., Le Grotte preistoriche del Capo di Leuca. Primo contributo alla carta archeologica, in Grotte e dintorni, anno 2, n. 4, p. 70, dicembre 2002.
Sitografia:
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