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Associazione Archès

LA TORRE MESSAPICA DI GIUGGIANELLO

di Marco Cavalera e Marco Piccinni

Nel mezzo di una distesa di splendidi ulivi secolari, memori ancora della maledizione delle terribili ninfe Epimelidi, narrata da Nicandro di Colofone nel II secolo a.C., ai danni di un gruppo di giovani pastori Messapi che qui vennero tramutati in oleastri e imprigionati in un’eternità senza gloria né memoria, giacciono i ruderi di una struttura fortificata circolare, eretta tra la seconda metà del IV e i primi decenni del III secolo a.C.

Torre messapica di Giuggianello vista da sud

Torre messapica di Giuggianello vista da sud

La torre, situata a 115 metri sul livello del mare e già segnalata in un libro dello storico Pasquale Maggiulli degli inizi del ‘900[1], poi dimenticata e restituita al pubblico interesse dopo in piccolo incendio rivelatore, si nasconde tra la folta vegetazione in località Madonna della Serra, nei pressi dell’omonima chiesa seicentesca, su un altura dalle quale lo sguardo domina buona parte della penisola salentina, dall’uno all’altro mare, frequentata dall’uomo fin da epoche antichissime, come testimoniano rari frammenti di impasti dell’età del Bronzo e ceramica acroma di difficile datazione rinvenibili in superficie.

Ruderi della torre messapica di Giuggianello

Ruderi della torre messapica di Giuggianello

La torre, allo stato attuale semi-diruta e di difficile individuazione sul terreno[2], è invasa da una selva di Macchia Mediterranea costituita da esemplari di lentisco, cisto, querce spinose, mentastro e ricoperta da specie floreali come il ciclamino, l’asfodelo e il ranuncolo selvatico. La fortificazione è costituita da blocchi di pietra locale ben squadrati, di diverse dimensioni, alti in media 35 cm e lunghi anche fino a 130 cm; sistemati di taglio, si presentano con il lato maggiore a vista e disposti in aggetto verso l’interno. La struttura muraria si conserva per un’altezza massima di circa un metro e mezzo (quattro filari e i blocchi di fondazione), per una lunghezza di almeno 13 metri visibile solo sul lato meridionale, elemento che permette di ipotizzare un diametro compreso tra i 15 e i 20 metri. All’interno e all’esterno della cortina muraria, sull’angolo meridionale, sono ancora visibili i saggi di scavo effettuati dall’Università di Lecce tra il 2005 e il 2006. La struttura megalitica è stata indagata dall’archeologo Giovanni Mastronuzzi il quale, in un’intervista, ha rivelato che dopo una semplice pulizia dei luoghi abbiamo anche rinvenuto alcuni frammenti ceramici risalenti all’età messapica: resti del tipico vasellame di colore nero utilizzato in quell’epoca. Oltre alla torre è stato messo in luce un tratto di strada costituito da frammenti di tufo compattati fra loro con altri tipi di pietra di cui è difficile, con i dati a disposizione, seguirne la direzione[3]. L’ubicazione della roccaforte, quasi a metà strada tra gli insediamenti messapici di Muro Leccese e Vaste (distanti rispettivamente circa 3,5 e 4,5 km), non è per niente casuale. Probabilmente era funzionale al controllo del territorio di Muro Leccese, che tra il IV e il III secolo a.C. aveva un ruolo dominante in questo comprensorio della Messapia. Inoltre dalla Serra di Giuggianello, la cui altezza massima sfiora i 120 metri di altezza sul livello del mare, lo sguardo può spaziare da nord ad ovest, dai paesi della Grecìa Salentina all’opposta serra di Sant’Eleuterio e di Castelforte (oltre 30 km di distanza!). Dal pianoro si domina quasi tutto il comprensorio dei Paduli, ben al di la dei vicini centri abitati di Sanarica, Muro Leccese e Scorrano. Ad est, invece, dall’alto della torre probabilmente era possibile scorgere un tratto di costa compreso tra Castro e Porto Badisco. L’edificio fortificato, quindi, potrebbe essere stato inserito in un progetto di controllo del territorio in un’epoca in cui non mancavano momenti di tensione militare, in particolare con la vicina città magnogreca di Taranto, prima dell’avanzata del nemico comune: Roma. La studiosa Grazia Semeraro ha avanzato un’ulteriore ipotesi riguardo all’uso di queste strutture di avvistamento, più incentrata sulla necessità di effettuare comunicazioni a distanza: come mostrano ricerche di tipo etnoarcheologico, afferma l’archeologa, tale esigenza emerge anche in momenti pacifici, soprattutto all’interno di comunità sparse su di un vasto territorio, per rispondere ai bisogni di trasmettere notizie rilevanti, di interesse comune (ad es. raduni in occasione di cerimonie, fiere, l’arrivo di un personaggio importante ecc.). L’età ellenistica è caratterizzata da una situazione di forte dispersione nel territorio, legata all’affermarsi di forme evidentemente nuove di sfruttamento agricolo. È pertanto molto probabile che la funzione delle torri vada spiegata non solo in chiave militare, ma anche in rapporto al nuovo modo di occupare il territorio agricolo[4]. La torre di Giuggianello trova confronto con la Specchia Giovannella, nel territorio tra Oria e Francavilla Fontana (Brindisi), il cui scavo al di sotto di un muro di pietre crollato ha permesso di individuare una struttura circolare realizzata con blocchi squadrati, datata al IV-III secolo a.C. Alla fine degli anni ’80, infine, nei pressi di Acquarica di Lecce è stata messa in luce una torre di forma rettangolare, di età ellenistica, che gli studiosi hanno definito con il termine greco phrourion (fortezza). Anche questo impianto sorgeva lungo un importante asse viario, che collegava Lecce e Rudiae allo scalo di Rocavecchia[5].

BIBLIOGRAFIA:

D’Andria F., Insediamenti e territorio. L’età storica, in I Messapi. Atti del XXX Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto – Lecce (4-9 ottobre 1990), Taranto 1991, pp. 457-459. Semeraro G.,Strumenti per l’analisi dei paesaggi archeologici. Il caso della Messapia ellenistica, in Verso la città Forme insediative in Lucania e nel mondo italico fra IV e III sec. a.C. Atti delle Giornate di Studio, Venosa, 13-14 maggio 2006, a cura di Osanna M., pp. 289-306.

[1] Maggiulli riferisce che sotto un basamento di un antichissimo trullo, che si ergeva sulla Serra ad est di Giuggianello, furono ritrovati due idoletti in terracotta, rappresentanti il busto di una divinità femminile.

[2] Sopralluogo effettuato da chi scrive il 19 ottobre 2013, insieme al sig. Remo Bolognini di Giuggianello, dell’Associazione Millepiedi, che si ringrazia per la disponibilità e la sensibilità dimostrata.

[3] La Torre dei Messapi. Così si difendevano dagli attacchi, articolo di Antonio Della Rocca, pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno il 02/03/2006 (sdg.myblog.it/album/giuggianello/cartina-messapia.html).

[4] Semeraro G., Strumenti per l’analisi dei paesaggi archeologici. Il caso della Messapia ellenistica, in Verso la città Forme insediative in Lucania e nel mondo italico fra IV e III sec. a.C. Atti delle Giornate di Studio, Venosa, 13-14 maggio 2006, a cura di Osanna M., pp. 289-306.

[5]D’Andria F., Insediamenti e territorio. L’età storica, in I Messapi. Atti del XXX Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto – Lecce (4-9 ottobre 1990), Taranto 1991, pp. 457-459.