La dote della sposa nel Salento meridionale
di Anna Maria De Giorgi
Secondo Dacia Maraini, che ha vissuto in pieno la stagione femminista, non vi è differenza tra uomo e donna; nel corso della storia, tuttavia, quest’ultima è stata molto bistrattata, anche nel momento in cui convolava a nozze.
Un tipico esempio è per l’appunto il sistema dotale che è stato introdotto dal diritto romano e ha assunto un carattere residuale con l’introduzione del codice napoleonico fino ad essere completamente eliminato dalla riforma del diritto di famiglia del 1975.
In questo sistema la costituzione di una dote faceva assumere alle donne un ruolo di pedine passive, erano infatti gli interessi dei genitori, le norme giuridiche e le norme sociali a decidere per loro.
Nel basso Salento la consegna della dote, non intesa nel senso più ampio come complesso di beni così come disciplinata dal codice civile sino al 1975, ma la semplice “datio” del corredo della futura sposa era disciplinata da regole sociali molto rigide.
In primis il corredo di ogni futura sposa doveva essere esibito attraverso una “moscia”, ossia ogni singolo pezzo doveva essere messo in vista affinché tutti ne potessero vedere e apprezzare la qualità e la quantità.
Questa esposizione veniva preparata con molta attenzione con l’ausilio di sarte che con occhio esperto dovevano valutare il corredo ed eventualmente eliminare dei pezzi che non erano di buona qualità o che erano di numero superiore a quello pari previsto per la formazione del corredo.
La visita più attesa e temuta era quella della futura suocera, che al termine secondo prassi doveva firmare un documento nel quale venivano elencati i pezzi del corredo.
La mancata firma o le polemiche del tutto pretestuose fatte dalla suocera sulla qualità del corredo esaminato, equivalevano ad ufficializzare la “non accettazione” della futura nuora da parte della nuova famiglia. Un messaggio chiaro e diretto per avvisare la fanciulla che la sua vita matrimoniale sarebbe stata complicata da una serie di ostacoli.
Spesso accadeva che il corredo, pur essendo stato preparato, non veniva dato alla figlia che si era macchiata della colpa di essere “scappata” da casa ed essersi sposata con un uomo non gradito alla sua famiglia.
Occorre sottolineare che la “fuciuta” di casa era utilizzata dalle giovani coppie provenienti da famiglie povere come espediente, perché erano pienamente coscienti che i propri genitori non erano in grado di affrontare non solo le spese della formazione di un corredo, ma soprattutto quelle di un matrimonio.
Secondo un’altra regola sociale le figlie naturali, nate solitamente da relazioni da nobili o uomini borghesi e ragazze che facevano le cameriere di estrazione povera, potevano essere riconosciute ufficiosamente dal padre al momento del loro matrimonio attraverso la concessione del corredo e dei mobili per la stanza da letto. Tale forma di riconoscimento certamente non ricompensava dal punto di vista affettivo queste ragazze cresciute senza padre, ma le riqualificava dal punto sociale.
Nel basso Salento, quindi, la concessione del corredo si attesta dal punto di vista sociale come una forma di riconoscimento, di disconoscimento da parte dei genitori della sposa o di mancata accettazione da parte della famiglia del futuro sposo.