ARCHEOLOGIA A CORSANO. Duemila anni di storia a due passi dal depuratore
Marco Cavalera
Il libro Le Vie del Sale. Antichi saperi e nuove emozioni dal Tacco d’Italia è una raccolta di notizie e “appunti presi al volo”, grazie al lavoro di ricerca storica ed antropologica, condotto dai volontari dell’Associazione Gaia, diretta da Corrado Russo.
Fondamentali, a tal proposito, si sono rivelate le testimonianze orali avute da contadini e da alcuni storici locali, le cui informazioni hanno consentito di ricostruire le più remote fasi del popolamento umano di Corsano, che affondano le radici agli arbori dell’età romana.
Il suo territorio infatti inizia a popolarsi circa 2200 anni fa, con l’impianto di una fattoria la cui attività produttiva si è protratta per circa 7/8 secoli.
La scoperta archeologica insiste in località Pescu, poco distante dalla zona industriale di Corsano e dal locale depuratore, che lambisce l’area di frammenti fittili.
I contadini del luogo raccontano del rinvenimento, nel corso di lavori agricoli, di monete, vasellame, tombe scavate nel banco di roccia e fosse per la conservazione di derrate alimentari.
Le ricerche hanno permesso di individuare numerosi frammenti di ceramica, regolarmente consegnati alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia. Non sono stati trovati, invece, i silos e le tombe, molto probabilmente ricoperti dalla terra rossa di riporto.
La datazione dei reperti è compresa tra l’età repubblicana (II secolo a.C.) e quella tardo antica (VI secolo d.C.). La fase storica più rappresentata è quella imperiale (II-III secolo d.C.), alla quale sono da riferire i frammenti di ceramica sigillata africana.
L’insieme dei dati a disposizione documenta l’esistenza di un piccolo insediamento a carattere agricolo, che commerciava i prodotti nei paesi che si affacciavano sul Mediterraneo, grazie alla presenza di un’importante arteria stradale – la via “Sallentina” – che garantiva gli spostamenti tra le città, gli impianti produttivi e gli approdi. Tracce di questa strada si conservano nei pressi dell’insediamento rupestre di Macurano, la cui tutela è messa in pericolo dal progetto di costruzione della S.S. 275.
La fattoria fu abbandonata circa 1500 anni fa, a seguito delle difficoltà politiche ed economiche dovute al crollo dell’Impero Romano d’Occidente (V sec. d.C.) e agli effetti della guerra greco – gotica. In questi secoli le sue strutture architettoniche sono state smantellate, i blocchi riutilizzati altrove, le fondamenta sepolte sotto la terra di riporto, le suppellettili depredate o sminuzzate dall’azione meccanica dei lavori agricoli.
Attualmente rimangono poche vestigia dell’impianto produttivo romano, individuate – come detto – a poche decine di metri dal depuratore. Se l’opera pubblica fosse stata realizzata nel fondo attiguo, dove sono stati individuati i reperti archeologici in superficie, non sarebbe stato possibile ricostruire le prime fasi della presenza umana nel territorio di Corsano.
Allo stato attuale non si conosce ancora l’esatta ubicazione delle tombe e dei silos segnalati dalle fonti orali, le stesse che hanno permesso di individuare l’area di dispersione di ceramica.
Si attende quindi un tempestivo intervento da parte degli organi competenti, prima che tutto venga obliterato da un impianto fotovoltaico, da un’abitazione “agricola” o da un insediamento produttivo moderno, ipotesi plausibile dal momento che la zona industriale e il depuratore di Corsano distano rispettivamente 300 e 200 metri dal Pescu, luogo in cui circa duemila anni fa i contadini producevano l’oro del Salento, esportato ed apprezzato in tutto il mondo allora conosciuto.