LA CRIPTA DI SANTA MARINA A MIGGIANO
di Marco Cavalera
1.1 BREVI CENNI STORICI SU MIGGIANO
La frequentazione umana, nel comprensorio di Miggiano, risale ad epoche molto antiche, precisamente all’età dei Metalli (Eneolitico ed età del Bronzo, seconda metà III – fine II millennio a.C.). Gli insediamenti relativi a questa fase erano distribuiti in maniera piuttosto estensiva in luoghi favorevoli che garantivano difendibilità e risorse naturali.
Un piccolo insediamento protostorico è stato rinvenuto in località Rutti-Sala, su un pianoro (119 m s.l.m.) limitrofo ad un canale torrentizio ricco di acqua. I suoi abitanti cercavano rifugio, probabilmente, nelle numerose cavità naturali e ripari sottoroccia presenti soprattutto lungo il versante orografico destro dello stesso canale. La presenza nell’area di diverse evidenze archeologiche – ceramica protostorica, sculture litiche, tumuli – documenta uno sfruttamento del territorio che va oltre la semplice e periodica frequentazione.
In località Pozzelle è stata individuata un’area di frammenti fittili pertinente un casale di piccole dimensioni, abbandonato probabilmente nel corso del XVII secolo. Si tratta di una zona la cui importanza a livello archeologico era stata rilevata da alcuni storici locali a partire dal XIX secolo.
Nel centro storico di Miggiano, infine, è stata rinvenuta ceramica a bande rosse e brune di XV-XVI secolo. La frammentarietà e il luogo di giacitura di questi reperti (nascosti sotto il piano di calpestio di un vecchio edificio) suggeriscono l’ipotesi di un evento traumatico avvenuto nel corso del XVI secolo, periodo in cui, secondo Arditi, il paese “restò triste e depopolato”[1].
1.2 LA CRIPTA DI SANTA MARINA
La cripta di Santa Marina si trova sotto l’omonima cappella, il cui edificio originario risale al XIV secolo (fig. 1).
La struttura è costituita da tre ambienti: un vano più ampio, collegato all’esterno da una scalinata di recente costruzione, un dromos che immette in un piccolo ambiente di forma trapezoidale e un altro ambiente (probabilmente l’abside) di forma semicircolare, adibito fino a pochi decenni fa ad ossario dell’adiacente cimitero. Il piano di calpestio è in cementizio (realizzato nel corso degli ultimi lavori di restauro a sostituzione dell’originale in sterrato); il soffitto si presenta leggermente arcuato nella direzione dell’invaso originale. In tutti gli ambienti sono presenti il gradino-sedile e diverse nicchie.
Secondo la dott.ssa Manuela De Giorgi, che ha approfondito lo studio sulla “Dormitio Virginis” di Miggiano, l’ipogeo avrebbe avuto la funzione principale – almeno nella fase di XI secolo – di cappella funeraria. Questa ipotesi – sottolinea la stessa studiosa – potrebbe essere avvalorata dall’effettuazione di piccoli saggi di scavo all’interno del piccolo ambiente trapezoidale, che con molta probabilità porterebbero alla luce delle tombe.
Nell’ambiente absidato sono presenti due reperti di dubbia interpretazione: si tratta di un tronco di colonna, con un incavo a sezione quadrangolare sulla superficie superiore, ed una presunta base di altare (fig. 2). La loro datazione, in assenza di dati oggettivi, sarebbe da riferire alla frequentazione della cripta in età bizantina.
Sui ruderi dell’antico luogo di culto bizantino, nel 1538 fu realizzato un convento, intitolato alla Madonna delle Grazie, ad opera di monaci dell’Ordine Carmelitano. La zona in questione, secondo la tradizione orale, si chiamava Cumentu.
Nella cripta sono presenti diversi affreschi, appartenenti ad un comune programma decorativo datato al XI, XIII e XIV secolo, eccetto quello più tardo di Santa Marina.
1.2.1 LA DECORAZIONE PITTORICA DELLA CRIPTA DI SANTA MARINA
Santa Marina
L’affresco è stato realizzato in una nicchia nella parete di fronte all’attuale ingresso. L’immagine rappresenta una santa coronata che impugna un martello e una palma (fig. 3). Sotto la Santa è raffigurato un angelo in posizione orante, mentre alla sua destra, in basso, un drago e la stessa cappella di Santa Marina. Ai piedi dell’affresco, prima del restauro, si intravedeva l’iscrizione “Terrae Migiani”.
Dormitio Virginis
L’affresco, posto sulla parete di fondo del piccolo vano della cripta, rappresenta la “Dormitio Virginis” e risale all’XI secolo. La scena si presenta all’osservatore con la Vergine al centro, distesa sul catafalco e circondata dagli apostoli, tra i quali si riconoscono in maniera chiara: Giovanni chino sulla morta, Pietro alla testa del corteo di destra, Paolo ai piedi del letto. Su un piano arretrato, la figura di Cristo che regge tra le mani l’eidolon della madre. Su un terzo piano visivo, più arretrato, delimitano idealmente l’episodio alcuni edifici. Allo stato attuale, l’affresco si presenta in più parti rovinato; sono scomparsi alcuni volti di Apostoli e parte del corpo della Vergine si presenta sbiadito nei colori (fig. 4)[2].
Santa Caterina
L’identificazione della Santa nell’affresco è deducibile dall’iscrizione esegetica ΚΑΤ. Santa Caterina è raffigurata in un arco poggiante su colonnine con capitelli. L’immagine, coronata e in abiti regali, presenta consistenti lacune sul lato sinistro e risale ad un momento successivo alla decorazione dell’ambiente, intorno al XIV secolo (fig. 5).
Santo anonimo
L’immagine rappresenta un giovane dai lineamenti gentili – probabilmente un diacono – con una tunica istoriata e un mantello. Accanto al volto si nota una “s”, residuo di una iscrizione esegetica ormai scomparsa. Nella mano sinistra lo stesso regge un sigillum, con caratteri ormai illeggibili (fig. 5).
San Nicola
Si tratta del terzo santo raffigurato sulla parete di sinistra del piccolo ambiente della cripta. San Nicola indossa il costume episcopale bizantino, benedice alla greca e regge, nella mano sinistra, un libro dalla copertina dorata. L’iscrizione a chionedon non è più decifrabile, ma appare certa l’attribuzione al vescovo di Myra. Per quanto riguarda la sua datazione, l’analisi stilistica rimanda al XIV secolo (fig. 5).
Arcangelo Michele
La figura, in cattivo stato di conservazione, indossa un ricco costume bizantino e si presenta con le ali spiegate, in atteggiamento di chi legge un libro posto su un ambone di legno; la mano sinistra sorregge un sigillum, nel quale è visibile una croce inscritta e delle lettere ai quattro angoli della stessa. Il volto violaceo dell’Arcangelo ha un’espressione grave e il suo imponente aspetto fa pensare che l’autore dell’affresco abbia voluto rappresentare l’angelo del giudizio, citato nell’Apocalisse di Giovanni (fig. 6)
I committenti
Le tre figure affrescate su un lato del setto litoide del piccolo vano della cripta rappresentano, probabilmente, i committenti della “Dormitio Virginis”. Vestono tuniche scure e strette in vita con il bordo decorato e si trovano in posizione orante rispetto all’Arcangelo Michele: in piedi il primo, piegato il secondo, in avanti – in ginocchio – il terzo. Ai lati dell’affresco si leggono le seguenti iscrizioni, secondo la lettura proposta dalla dott.ssa De Giorgi:
ΛΕOY ΜΑΚOΥ
ΠΡΟΣΚΙΝΙΣΙΣ
ΝΙΚΟΛΑ ΜΟΝΑΚΟΥ
ossia “La proskymesis di Leo, Maco e del monaco Nicola”, interpretandola come una didascalia della scena che funge anche da iscrizione commemorativa.
Ai piedi delle tre figure vi è un cespuglio di piante, i cui fiori sembrano essere iris (fig. 6)[3].
1.3 IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI CAMPANE IN UN’AREA ADIACENTE LA CRIPTA DI SANTA MARINA
Nell’area all’esterno della cripta era attivo, in età medievale, un impianto per la produzione di campane, venuto alla luce a seguito di lavori di restauro di strutture adiacenti alla chiesa di Santa Marina. Tra i ruderi della stessa fornace sono stati rinvenuti – dai signori Luigi Carbone e Luigi Marra – numerosi frammenti di terra di fusione e stampi che conservano ancora, nella faccia a contatto con il metallo, tracce dello stesso. La superficie dell’argilla, invece, si presenta friabile, porosa e piuttosto annerita. Alcuni frammenti di tonaca sono decorati con raffinati elementi geometrici e fitomorfi (fig. 7), altri presentano semplici incisioni parallele.
Nella stessa fossa di scarico della terra di fusione sono stati individuati una fibula di metallo, d’età romano imperiale (I-III secolo d.C.), numerosi frammenti fittili – per lo più laterizi – lamine e scorie di bronzo.
Non è possibile – tuttavia – risalire ad un esatto inquadramento cronologico dell’impianto, in assenza dell’originario contesto archeologico e di fonti d’archivio.
BIBLIOGRAFIA
Cavalera M., Medianum. Ricerche archeologiche nei territori di Miggiano, Montesano Salentino e Specchia, Tricase (Le), 2009
De Giorgi M., La Koimesis bizantina di Miggiano (Lecce): iconografia e fonti liturgiche, in Quintavalle A.C. (a cura di), Medioevo Mediterraneo: l’Occidente, Bisanzio e l’Islam, Atti del convegno internazionale di studi, Parma, 21-25 settembre 2004, pp. 332-340, Milano, 2007.
De Giorgi M., La decorazione pittorica della cripta di Miggiano: la più antica Dormitio Virginis in Italia meridionale, in Il Transito della Vergine, Testi e immagini dall’Oriente al Mezzogiorno medievale, pp. 117-130, Spoleto, 2016.
Falla Castelfranchi M., Piccinno L., Saturnino A., La Cripta del Crocefisso ad Ugento. La storia, gli studi, le nuove acquisizioni, pp. 43-47, Presicce (Le), 2006.
Fonseca C.D., Bruno A.R, Ingrosso V., Marotta A., Gli insediamenti rupestri medioevali nel Basso Salento, pp. 119-122, Galatina (Le), 1979.
Lusuardi Siena S., Neri E. (a cura di), Del Fondere Campane. Dall’Archeologia alla produzione, Firenze, 2007.
[1] Cavalera 2009.
[2] De Giorgi 2007, Fonseca et alii 1979.
[3] Fonseca et alii 1979.
Articolo pubblicato nel 2010 in Spicilegia Sallentina. Rivista del Caffè Letterario di Nardò, n. 7, pp. 21-24, Nardò, 2010.
Fotografie di Luigi Marra (Associazione Medianum-Terra di Mezzo)
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